— Lettera aperta ad un’amica “collega” —
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Pochi giorni fa, ho ricevuto questa mail, da parte di una mia “collega”, compagna dei nostri giovani:
Tutto per Amore
Mia cara amica e compagna! Nel risponderti, dico anch’io tutta la mia gioia per il tuo prezioso aiuto! Affacciandomi al Roccolo dall’8 al 10 febbraio, e provando ad entrare nella rete, non come spettatrice passiva, ma godendo dell’aria di “famiglia” che si respirava in quei giorni, ho apprezzato tante cose: la qualità del silenzio dei ragazzi nei momenti di preghiera e di ascolto, la loro capacità di integrarsi, la sana voglia di giocare, la solidarietà nei momenti di crisi che qualcuno di loro stava attraversando. Le tue parole e il tuo servizio accanto ai giovani, però, mi hanno aiutato a cogliere ancora meglio la loro bellezza. Nel quaderno rosso che quest’anno i ragazzi compilano con i loro nomi, indirizzi, emozioni, lasciando tracce di fede… uno di loro ha scritto: “La croce è dura, ma non ci fa paura”. E un’altra: “È stata la prima volta che partecipavo a una cosa del genere e soprattutto che ascoltavo quello che diceva un prete”. Insomma, questo weekend di carnevale è stato un passo importante per qualcuno di loro! Rinunciando alla routine della nottata in discoteca, e camminando su altri passi, quelli della Madre. La fiaccola accesa di tanti giovani presso il Santuario accende in noi la speranza che la luce della Verità, del Vangelo si diffonda fino a incendiare il mondo! Troppa cenere di sfiducia si deposita sul cuore dei ragazzi: la nostra sfiducia. Quella che toglie aria alla fede e le impedisce di passare il Testimone, che è Cristo stesso. La nostra fede è in Lui. È Lui. Non è vuota. E la nuova generazione credente, nella misura in cui accoglie e tra-duce Cristo, non può essere vuota. Interroga la Parola, scrive l’Icona di quel Volto, mette in gioco le emozioni che favoriscono l’Incontro — questi i laboratori che i giovani hanno vissuto — e si riempie della sua luminosa Presenza. Diventa Luce. Oggi ho incontrato un amico. Portava con sé il suo bimbo di sei mesi, Matteo. Ci teneva a farmelo conoscere. Gli ho confessato il mio timore nel prendere in braccio un bambino così piccolo. Ma il mio amico, appena il figlio ha aperto gli occhi come d’incanto – dormiva così bene – l’ha preso e me l’ha dato. Semplicemente, perché anch’io provassi la gioia di un contatto vivo con la vita. La Vita di Dio. Il mio amico si è fidato di me. Suo figlio è il segno più grande della sua fede, un valido “motivo” per credere. E l’ha passato a me. Anch’io ringrazio questo papà per questo omaggio generoso, per il dono della sua fede. Un passaggio di consegne che non si può esaurire, ma trova il suo alimento nella fatica gustosa di salire e scendere la Montagna: «L’esistenza cristiana consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio, per poi ridiscendere portando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio». Così ci ha scritto Papa Benedetto nel suo Messaggio per questa Quaresima. Così si esprimeva la Madre: «Chi dobbiamo imitare se non Nostro Signore? Perché venne Lui al mondo? Ad essere servito? A trattare con i grandi? Ad accumulare ricchezze? No, figlie mie, venne a soffrire e ad esercitare la carità… Quanto facciamo per i poveri è fatto a Dio». Imitare Nostro Signore per la Madre è un’avventura entusiasmante, da vivere «senza mai dimenticare questa idea: Io mi salverò salvando i miei fratelli». Questa è la dinamica della fede, che in questi ultimi giorni di febbraio anche il nostro caro Papa ci ha testimoniato: «Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita proprio quando la dona». Anche la fede, come la vita, è viva e vale solo se donata. Non come un pacco regalo pre-confezionato, da scartare e prendere così com’è. La fede è come un figlio: mi viene affidato perché cresca, diventi grande e viva a sua volta la sua vita. Dare la vita a un figlio fa crescere anche me, genitore. Il suo volto che mi somiglia, il suo sorriso gratuito, i suoi primi passi… e perfino i suoi capricci sono cento motivi validi per crescere nella fede. Questa la missione che ci accomuna, mia cara compagna nel viaggio della nostra fiamma. Anche noi credenti per grazia e testimonianza. Nessuno può dare ciò che non ha. Nessuno può dare se non sa ricevere. Prima di tutto riceviamo da Lui, il Signore, la fiamma della fede. Lui, «che guida e fa crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la fede nel suo Popolo». La riceviamo dalle comunità di credenti, nelle quali siamo parte integrante, anche quando ci sentiamo un po’ sole. E infine la riceviamo dai nostri “inquieti e saporiti custodi” di quella fiamma che nessuno potrà mai spegnere, i nostri fratelli giovani. I nostri fratelli increduli e credenti. Ci salveremo entrambe, lasciandoci da loro salvare. Toccando il segno tangibile della nostra fede, abbracciandolo come un bambino, come un figlio da custodire gelosamente. «Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi poter toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino» (dall’ultima udienza di Papa Bendetto). Tu, invece, cara amica, proprio come Papa Benedetto, scongiuri il declino e invochi lo sbocciare della primavera. E quando la primavera della fede sboccerà, insieme a Nostra Madre, al nuovo Successore di Pietro ai nostri fratelli più piccoli, e a tutta la Chiesa di Dio, saremo luce!
Tutti Tedofori di fede. Anzi Cristofori!
Siamo in cammino per questo. Anzi, vogliamo correre per questo! Senza scoraggiarci nella fatica, ma consapevoli di avere un motivo in più per credere. Un motivo per credere di più.
Grazie!
Con affetto ti auguro salute e pace,
sr. Erika di Gesù