Storia di J., mistero estivo*
*continua dai numeri precedenti
Se le lettere si scrivessero ancora, quella di J. sarebbe così.
Cara Marta,
sono al camposcuola, a Fermo.
Bel posto davvero. Si mangia bene ed anche se i primi giorni ha piovuto e non siamo potuti andare al mare nel pomeriggio, ne abbiamo fatte di cose…
Non so se tu hai mai partecipato ad un campo del genere. Non è una roba neutra e nemmeno ci fanno fare quello che ci pare. Si prega, facciamo servizio, c’è un orario da rispettare, un tema da affrontare di giorno in giorno. Parliamo di una battaglia. Una battaglia spirituale.
Anche per questa battaglia bisogna armarsi.
Finora, nelle catechesi del mattino, ci hanno fornito tre “armi”: cintura, corazza e calzari.
Vestiamo di volta in volta un manichino che chiamiamo Ambrogio. Io preferisco chiamarlo Cristiano, con il nome di uno dei nostri animatori. Con il nome che abbiamo tutti, in fondo.
Ti ricordi la mia battaglia per l’orario di libera uscita notturna? Ci continuano a dire che siamo fatti per dormire di notte e vegliare di giorno. Non siamo, cioè, animali notturni. E forse hanno ragione.
Insomma, la mia battaglia era sbagliata e i miei vecchi hanno ragione: “La notte è fatta per dormire”.
Certe notti, però – abbiamo cantato Ligabue! – non riesco a dormire.
E penso: da dove mi verrà l’aiuto per affrontare la battaglia giusta?
Chi mi darà la forza? Il coraggio?
Mi sembra di essere tante, troppe volte preda della paura.
Paura e Panico cambiano forma, si insinuano come un tarlo nella testa, mandano in onda lo stesso tragico film, mi spingono dentro un tunnel senza uscita.
Sì, ci sono gli amici. Ci sei tu, che stai aspettando come me di conoscere la verità di tante cose. E soprattutto mi vuoi bene.
Ci sono i miei buoni “vecchi”.
Proprio loro mi hanno chiamato con un nome nuovo.
Il nome del Re.
Dovrebbe essere facile per me interfacciare con Lui: in fondo sono il suo sosia, come ne Il principe e il povero…
Ma… quante volte ho tradito la mia vera immagine? Quante volte ho rinunciato a camminare in salita verso di Lui, mia unica, vera sorgente di pace?
Mi ha dato i suoi vestiti, spogliandosi della sua divinità, ma io ho dimenticato la sua alleanza, ho infranto il patto che mi legava a Lui… ritrovandomi ancora più povero e solo.
Tu sai che lo frequento. Spesso guardo la sua icona e ci parlo.
Mi accorgo, però, di non avere indosso la corazza della giustizia. Non mi fido di Lui fino in fondo.
Con Abramo, Maria, Madre Speranza ha fatto grandi cose, ma con me?.
Magari le ha già fatte… Piccole cose che tante volte mi sono sembrate banali: la vita, la famiglia, gli amici.
Essere nati in una famiglia cristiana, avere quattordici, diciotto anni… fare amicizia senza difficoltà, stare qui semplicemente, rinunciando al solito pacco di sigarette quotidiano… non è una piccola cosa. È una piccola rivoluzione! La mia nuova palestra. Dove fare muscoli come Hulk o Braccio di Ferro! Non è un limite che mi schiaccia, ma un orizzonte che mi affaccia sull’infinito.
Oggi ho provato a stringere la cintura per avere i pantaloni ai fianchi e non sotto il sedere, come facciamo noi ragazzi per essere fashion!
Speravo non lo notasse nessuno dei nostri… Ti immagini che figura da sfigato!
Poi mi sono rilassato… Finalmente posso smettermi di preoccuparmi per i pantaloni!
Sono pronto per mettermi in cammino. Vorrei andare a Santiago, per esempio.
O in Brasile, il prossimo anno.
Per camminare senza ferire i piedi, però, servono le scarpe. Scarpe comode, perché il passo sia stabile e pronto. Ci hanno detto di essere pronti ad accogliere e raccontare il Vangelo della Pace.
Ci siamo scambiati la pace in ogni Messa celebrata, cantata insieme.
Sì, vorrei tanto fare il giornalista, da grande. Credere che il seme luminoso della pace è nascosto anche nel buio delle tragiche notizie.
Che il bene c’è ed è sempre possibile.
Sono un illuso, forse, ma è meglio che disperato!
Sai, Marta, il dramma l’ho scoperto in questi ultimi giorni di campo: è la poca fede.
La fede è uno scudo da indossare sempre per spegnere tutti i dardi infuocati del maligno.
Siamo tentati e non lo sappiamo. Diamo a Dio la colpa per le frecce che il vero nemico ci scaglia continuamente. Pervertendo il bello e il buono che abbiamo, che siamo.
Ci hanno detto che la fede si chiede alla Chiesa. La Chiesa è anche la mia nonna, che insieme ai miei genitori mi ha passato il testimone della fede.
Quando è rimasta vedova, ha sperato nel Signore, senza rinunciare alla dura battaglia della vita.
Il Vescovo Cleto, giovedì pomeriggio, ci ha raccontato la sua, di fede: Sono figlio di Dio, chiamato all’immortalità, a vivere amando Dio e i miei fratelli. Semplice e chiaro, no?
Oh, come vorrei avere la sua fede! Quasi quasi gliela chiedo…
Il dramma sono anche i cattivi pensieri, le minacce che mirano a confonderci, a non farci usare la testa!
Vuoi un elenco delle paure che mi minacciano?
Rimanere solo.
Non riuscire a volerti bene come meriti.
Non trovare lavoro.
Fallire il mio matrimonio o la mia vocazione, qualunque essa sia…
Chi mi salverà?
Venerdì, dopo averci insegnato che Dio ha un progetto per me e che scoprirlo e abbracciarlo può salvarmi dal fallimento e dalla morte, ci hanno invitato a stare davanti a Gesù, in silenzio.
Non è stato facile. Ho provato ad indossare l’elmo della salvezza: Gesù si è fatto uomo, è morto, risorto ed ora è pane per me. Non lo capisco, ma se indosso questo casco trovo un senso al problema dei problemi.
La minaccia che più mi fa paura è solo un passaggio doloroso, ma transitorio.
Per un istante me ne rendo conto e allora… devo ringraziarlo!
Aiutami a fidarmi di te… così gli ripeto mentre lo guardo e osservo i miei amici, più persi di me dietro a tante esigenze – o tentazioni? – che invadono il campo della mente e del cuore.
Qualcuno si batte con la Bibbia in mano: è la mossa vincente!
Sì, perché la nostra unica arma è la Parola di Dio, la spada dello Spirito!
Anche il Nemico ha provato ad usare quest’arma, ma sbaglia la direzione del colpo.
Il suo scopo è il successo, a costo della vita. Il fine di Dio è la vita, a costo della croce.
Il centro del diavolo è il nostro ombelico. O forse il suo, se ne avesse uno…
Mentre il centro di Dio è che Dio è Amore Misericordioso. Che Lui mi ama. Questa Parola dà un taglio indelebile alla mia vita!
Una ferita incurabile… che cura ogni malattia.
Scruta i miei sentimenti. Frena ogni trasgressione.
È l’unica certezza in un mondo dove tutto è così precario!
Voglio inabissarmi in questo mare stabile, Marta, e prepararmi alla sfida credendo che sono capace di vincere. Che Lui mi rende capace!
L’ultima arma, o meglio veste, è la preghiera incessante.
Siamo andati a trovare le Monache benedettine e ce lo hanno spiegato pregando insieme a noi.
Con la loro testimonianza.
La più bella è stata quando la Abbadessa ci ha lasciato per andare a fare la Lectio divina. L’esempio trascina più delle parole.
La Parola che Dio è con noi, che pregare è stare alla sua presenza, ce lo ha detto con i fatti.
Ma i fatti sono stati anche quelli della comunità della Famiglia dell’Amore Misericordioso che ci ha accolto. Le nostre suore, le cuoche, gli animatori del gruppo Giovani Amore Misericordioso! Facendo tutto per amore!
Sopportando il lavoro fatto con approssimazione, ma certo con buona volontà… anche quando lo straccio è… troppo bagnato!
A me piace tutto questo e mi chiedo che cosa posso fare io da oggi in poi.
Che cosa faranno gli amici che ho incontrato e con i quali ho condiviso tanti bei momenti?
La nostra vita è una serie di giochi olimpici: le specialità sono tante, tanti i paesi e gli atleti in concorso! Non sempre vince chi vince. A volte anche chi perde, magari ingiustamente, trova la pace perché ha gareggiato bene, dando il meglio di sé.
Non importa, ci diceva P. Sante, se abbiamo molto o poco, importa se quello che abbiamo lo mettiamo nelle mani del Signore.
Se mettiamo la nostra vita nelle sue mani.
Allora Lui combatterà per noi fino all’ultima battaglia.
Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono,
come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono (Ap 4,21).
L’Apocalisse: geniale, non trovi?
Ti saluta il tuo compagno di armi, Jesús