Storia di J., mistero III*

 

CROCE E DELIZIA

*continua dai numeri precedenti

Quando J. apre gli occhi, incontra quelli di sua madre, spaventata a morte.
“Come stai, figlio mio? Che cosa ti è successo?”.
“Nulla, mamma. Sto bene”.
“Bene? Non riuscivo a svegliarti: se non fosse per il tuo respiro, avrei detto che…”.
“Mamma, stai tranquilla. Ti ho detto che non è niente!”.
Il volto di J. è pallido, ceruleo. Lentamente affiora sulla pelle il bagliore di una luce intensa. Non più paura, ma meraviglia: la luce sul volto del figlio è più splendente del sole.
Cristo dappertutto
Da un po’ di giorni, J. è contento. Vede Cristo dappertutto.
Prima gli sembrava freddo, distante. Poteva cogliere solo la punta dell’iceberg. Ora gli pare un iceberg capovolto. Certo, rimane la punta nascosta. Ma c’è tanto di più da vedere, ascoltare, toccare.
Poi, c’è che l’iceberg è fatto di fuoco! Cristo è quanto di più caldo, vicino, presente e vivo si possa immaginare!
Gli pare di sentire la sua voce, quando si sveglia, che dice: “Coraggio, J.! Oggi ho preparato una giornata coi fiocchi!”.
J. sfiora con la mano l’icona che sta al suo capezzale. Sa che deve correre, senza perdere un istante. L’istante non si può fermare, si può solo ricevere e vivere, fino in fondo. Gli pare di vederlo: mamma, papà, gli amici, Marta.
La frequenta spesso, ora. Ogni volta le sue guance paiono di un rosa diverso, come se Dio si divertisse a dipingere quel volto a lui caro con tinte originali. Una linea di trucchi da lanciare sul mercato! Inimitabile.
Gli pare di toccarlo: mani tese verso un abbraccio difficile! Forse impossibile.
Quando tenta di abbracciare Marta, lei lo accoglie come un timido bambino. Lo rassicura, lo consola. Quanto calore materno, in quell’abbraccio!
J. sa che toccare Cristo, con Marta, sarebbe un’altra cosa.
Quando un amico lo abbraccia, J. si sente adulto, compreso, alla pari.
E questo è bello. Ma toccare Cristo è un’altra cosa.
Toccare Cristo è baciarlo, come San Francesco ha baciato il lebbroso.
Senza nulla attendere, ma gustando un misterioso dolcissimo sapore.
È abbracciarlo come Madre Speranza — una suora venerabile di cui la catechista gli ha parlato — ha abbracciato la suora che avrebbe invece rimproverato e punito.
E perdere se stessi in quell’abbraccio.
Cristo da nessuna parte
Un giorno, mentre sfiora l’icona di Cristo, J. ha una strana sensazione: “E se fosse tutto un sogno?
Se quella voce non fosse la Sua voce, ma soliloquio rassicurante?
Mamma, papà, Marta, gli amici, c’entrano qualcosa con Dio, sono segno che Lui mi pensa, mi ama, mi abbraccia, o solo buona sorte?
E i miei amici, quelli che hanno una brutta storia da nascondere dietro battutine, parolacce e bestemmie? A loro Dio non pensa, non ama, non abbraccia forse?
E il lebbroso, dov’è? Chi è per me? Forse Giacomo, che ogni giorno mi chiede ripetizioni di matematica? O il bidello, che mi chiama “il visionario del sole”? O magari papà, quando mi chiede di lavargli la macchina, che a me sembra pulita? È lui il mio lebbroso?”.
La fede cos’è? Vedere Cristo dappertutto, quando non è da nessuna parte?
Non sa perché, ma quella sensazione cresce senza dargli tregua.
È un pungolo costante.
Mentre continua a fissare l’icona, J. ha un sussulto. Gli pare che Gesù lo guardi con tristezza:
— È duro per te rivoltarti contro il pungolo.
Sembra dire. È duro, sì. Fino a quando?
Abbraccio al lebbroso
E arriva il giorno in cui J. riceve il primo “no” della sua vita.
“Basta, J.! Devi dimenticarmi!”
“Ma io… ti amo… cioè ti voglio bene, molto bene”.
“Io invece… non lo so più. Lasciamo perdere! Sei sempre serio. Prima avevi il sole negli occhi. Ora sembri spento. Con la musica dei Litfiba in cuffia, anche quando usciamo. Cambia genere, amico!”.
“Croce e delizia è il mio album preferito”.
“Croce e delizia: che cosa significa? Io parto, J. e sai meglio di me che le storie a distanza sono praticamente impossibili”.
“E me lo dici soltanto ora? Non sembra sia il vero motivo per cui mi lasci”.
“Non ti lascio, J.. Diciamo che non ti ho mai preso. O forse sei tu che non hai mai voluto prendere me, davvero. A volte mi chiedo se sei pronto per una ragazza, o se cerchi solo la mamma…”.
“Posso chiederti… un ultimo abbraccio?”.
J. rientra a casa. L’aria è diventata irrespirabile. Non sa che fare. Non ha nulla da dire. Non riesce a pensare.
Suo padre è in salotto e ascolta La Traviata:
Un dì, felice, eterea,
mi balenaste innante,
e da quel dì tremante
vissi d’ignoto amor.
Di quell’amor ch’è l’anima
dell’universo intero,
misterioso, altero,
croce e delizia al cor.
Croce e delizia al cor? Che cosa significa?
Il padre ha colto la sofferenza, il fuoco di quella domanda, non si sa come.
E risponde:
«Vedi, J., Alfredo ama Violetta, ma l’ama di un amore che va oltre se stesso, che lo precede e che lo succederà, per questo rimane sconosciuto, ignoto, misterioso.
Un amore che entra nel tempo come un fulmine, ma ha che il sapore dell’Eterno.
Un amore fatto di carne e di spirito.
Un amore che è delizia, godimento, ma anche croce, dubbio e dolore.
Che è presente, cioè dappertutto.
Che è assente, cioè da nessuna parte.
E Violetta, per quanto tempo potrà resistere?
Si può dire di no, quando ci si sente amati, amando?
Sì, si può dire di no.
La croce è il nostro “no” all’amore di Dio in Cristo Gesù.
Quando qualcuno ci dice di no, facciamo anche noi l’esperienza di Dio, di Gesù.
Sei fortunato, figlio mio!
Per fortuna, Gesù è solo “sì”, sempre e per sempre “sì”!».
J. si siede accanto al padre che lo abbraccia in silenzio.
Questa volta, il lebbroso è proprio lui. Ma… se ne è accorto?
Il seguito al prossimo mistero.